“Ah come vorrei non avere emozioni!” esclamò una mia paziente, una ragazza dalle notevoli capacità intellettuali. “Allora sì potrei lavorare senza questi disturbi che ho dentro”!
Osservai che sarebbe stata come un robot; forse più efficiente, ma quelle emozioni che la distraevano a volte dal lavoro, erano la vita stessa… Chi non si trova a suo agio con emozioni e sentimenti (i sentimenti sono più stabili, le emozioni possono affacciarsi dentro di noi anche un solo attimo e fluire via) può sforzarsi nell’eliminarle e finire per non sentirle.
Le elimina dalla coscienza, ma non abbiamo il potere di cancellarle del tutto, ma solo di farle scendere nell’inconscio.
Da lì si manifesteranno in modo travestito e problematico!
Insomma queste persone fanno un’operazione anti-terapeutica: il terapeuta attende, stimola, l’apparire delle emozioni nascoste, magari attraverso i sogni, perché emozioni e sentimento possono essere gestite in modo da non disturbarci nei nostri compiti, mentre lavoriamo con la ragione (aiutare in questa gestione è questo il compito dell’insegnante di Mindfulness o del terapeuta-insegnante di Mindfulness).
Soprattutto, le emozioni e i sentimenti sono la vita, tutta una molteplicità sensoriale, ciò che ci piace (o non ci piace) odorare, gustare, leccare, toccare, guardare, ascoltare.
Le relazioni soprattutto, gli intrecci tra amore e aggressività, i segreti e le complicità, solidarietà e rivalità sono le relazioni che accendono, arricchiscono, rendono la nostra vita più estesa, più piena, a tre dimensioni.
E l’arte del Teatro, della Musica, della Pittura e Scultura, veicolando le emozioni dell’artista, allarga il nostro cuore alla varietà della bellezza delle forme della vita, di questa avventura misteriosa che cerchiamo di comprendere con l’intelligenza, ma di cui abbiamo bisogno del sentimento per sintonizzarvisi.
Molti terapeuti hanno problemi con il sentimento, e prestano un’attenzione particolare solo alle strategie di vita del paziente: le riflessioni, scopi, e solo alle emozioni e sentimenti finalizzati a questi, seguendo, dentro di sé, l’incastro delle dinamiche psicoanalitiche o psicologiche. Riducono, in un certo senso, le comunicazioni del paziente a quello che riguarda le sue problematiche.
Ascoltando con un decimo di attenzione quei sentimenti o emozioni del paziente che sono fuori tema o laterali al tema del problema del paziente che si sta discutendo e a cui applica il suo sapere.
“Era quasi insopportabile quel passaggio, quando Roberto Bolle danza in Onegin la disperazione di aver perduto la donna che aveva capito di amare, troppo tardi, dopo che il nobile aveva dovuto perdere la propria arroganza. Straziante, meraviglioso, Bolle riempiva la Scala della musica del suo rimpianto e del dolore. Io e il mio ragazzo ci siamo guardati per sostenere tanta grandezza…”
Il sentimento può essere questo, e non solo a Teatro, non solo davanti a Bolle nello scuro abito ottocentesco, ma in ogni momento della nostra vita.
Ho vissuto quel racconto pienamente, insieme alla paziente. Non mi pareva che avesse niente a che fare con i suoi problemi. Ma non sono lì solo per i suoi problemi, ma per vivere insieme: se c’è la sua gioia e il suo entusiasmo, allora viviamo quello: l’ascolto è questo, è comprensione non violenta, che non seleziona tra questo e quello che l’altro dice. Questo ascolto porta l’altro a stare meglio, a esistere, oltre ai suoi ostacoli e difficoltà.
In questo blog non troverete tante riflessioni psicoterapeutiche, per quanto anch’esse siano sempre preziose. Non meno preziose del cercare di nutrire il sentimento: il sentimento è relazione, con se stessi, con gli animali e le altre persone, con il mondo.