L’ amore relazionale (parte III)

La Sintonizzazione è una connessione, ma più profonda.

Da quasi un anno ci connettiamo soprattutto via telefono,tv e computer. Meglio che niente. Ma è molto difficile riuscire a “sintonizzarci” attraverso questi mezzi freddi.

“Il fatto che sembriamo separati dal punto di vista fisico può essere in un certo senso più un’illusione che un fatto, almeno per quello che riguarda gli altri significativi della nostra vita”.

Felicity de Zulueta

Ora sappiamo che nel fondamento soggettivo del nostro essere “non siamo più i signori e custodi della nostra soggettività”, perché inter-siamo. Queste interconnessioni invisibili sembrano rimandarci a una dimensione nascosta dell’umano: un mondo analogo al mondo sorprendente delle particelle subatomiche, non del tutto localizzabili eppure misteriosamente al corrente le une delle vicende delle altre.

E’ quanto Daniel Stern, lo psichiatra e studioso delle relazioni madre-bambino , ha chiamato mondo intersoggettivo: di cui partecipano la nostra mente e la nostra soggettività: le nostre menti non sono indipendenti, separate e isolate. I confini tra noi e gli altri si rivelano più permeabili di quanto abbiamo sempre creduto, pur rimanendo confini, perché l’intersoggettività è un campo relazionale, dove esistono dei sé ben differenziati che si relazionano.

Stern illustra l’intersoggettività con una metafora: l’intersoggettività è come l’ossigeno che respiriamo continuamente senza esserne consapevoli. Tutto quanto pensiamo, sentiamo e desideriamo è influenzato dai pensieri, dai sentimenti e dalle intenzioni che percepiamo negli altri, in un dialogo incessante, reale o virtuale. “la nostra vita mentale è frutto di una co-creazione, di un dialogo continuo con le menti degli altri, che io chiamo matrice intersoggettiva.

La nostra umanità si forma da una matrice intersoggettiva. Partecipare a essa è condizione di umanità. Non c’è umanità senza la matrice intersoggettiva, da cui si forma il linguaggio, mediante il quale possiamo creare concetti, classificare le cose, condividere, narrare la nostra storia.

La coscienza riflessiva, nasce dall’esperienza intersoggettiva al pari del linguaggio, e implica sempre una qualche forma di “altro” a cui si rivolge..

L’esistenza di tale matrice intersoggettiva, nell’uomo come nell’animale è confermata da ricerche neuroscientifiche, ed ha anche un corrispettivo neurobiologico.

Ecco perché quest’epoca, che ci mantiene forzatamente isolati, crea tanti disagi: siamo stati privati della matrice intersoggettiva, le nostre menti hanno troppo poche menti degli “altri” con cui nutrirsi e ricaricarsi: ne risente anche la biochimica del corpo, che ha bisogno, per l’equilibrio psicofisico, della presenza di un certo numero di persone. Dove il virus non ci nuoce direttamente, l’isolamento ci ha creato uno squilibro psicofisico.

“La nostra umanità è il frutto di una co-creazione, di un dialogo continuo con le menti degli altri, che io chiamo matrice intersoggettiva” afferma Daniel Stern.

La coscienza riflessiva, che permette l’autoconsapevolezza, implica sempre una qualche forma di “Altro” a cui si rivolge. La matrice intersoggettiva ha anche una sorta di corrispettivo neurobiologico.

Osservando per esempio le interazioni tra madre topo e i suoi cuccioli si è riscontrato che queste interazioni, cioè il modo di leccare o toccare i piccoli, i versi della madre, e così via, giocano un ruolo decisivo nella regolazione della fisiologia del piccolo: frequenza cardiaca, temperatura corporea, digestione, livelli ormonali, e così via. “E’ sorprendente la specificità con cui il comportamento materno regola determinati meccanismi fisiologici…si è ritenuto che l’omeostasi fisiologica nel cucciolo di topo dipenda da meccanismi regolatori propri, secondo una biopsicologia individuale. In realtà essa viene controllata anche dai comportamenti della madre, secondo una biopsicologia a due.”

Comprendiamo la “biopsicologia” a due, che si manifesta come intersoggettività:

Le intenzioni e i sentimenti del bambino sono strettamente regolati e influenzati dai vissuti della madre, che si estrinsecano nei comportamenti. Tutti i ricercatori attualmente concordano che i bambini nascano con un apparato psichico sintonizzato sulla mente e il comportamento degli altri esseri umani. I bambini sono predisposti fin dalla nascita a partecipare alla matrice intersoggettiva. Disponiamo di un canale diretto con i nostri simili, che ci consente di entrare in risonanza con loro, di partecipare alle loro esperienze , e di condividere le nostre .

Già da Spitz, negli anni ’50 dello scorso secolo, sappiamo che i bambini orfani, accuditi con buone cure fisiche, ma da nurse diverse, dopo solo qualche mese erano presi da ciò che venne chiamato “marasma”, una letargia che portava alla morte. Perché?

Perché non avevano una relazione stabile con chi li accudiva, non avevano un cuore in cui abitare, non ritrovavano con continuità il cuore dello stesso caregiver. Il bambino, anche se di pochi mesi, e fin dalla nascita, decifra l’individualità dell’altro da mille segni, non solo visivamente. Il modo di tenerlo, i ritmi, il calore, il profumo, il sudore. La voce, e i sentimenti che ne trapelano. Per cominciare, occorre che la madre, o i genitori, abbiano un buon rapporto con la corporeità. Il bambino è un essere incarnato in un corpo, con una mente che si sviluppa piano piano: ma nel corpo è compreso il cuore, il sentimento. E’ una piccola creatura piena di amore, il cui amore deve essere nutrito.

Questa è la base della relazione umana. Quando ne ho parlato a neomamme, talvolta la reazione è stata di allarme. Non sapevano che una madre dovesse essere così, e che il piccolo le percepisse tanto accuratamente. Cioè nessuno aveva insegnato loro l’importanza della relazione.

Un bambino che non ha vissuto una vera relazione con la madre (o il caregiver) subisce questa “assenza” come un forte trauma, così forte da bloccare lo sviluppo della personalità, indebolirne le capacità della coscienza, impedirne la regolazione delle emozioni.

Questo trauma, profondissimo, rimane inconscio e può rendere distruttiva l’aggressività, mentre l’aggressività, in quanto istinto, sarebbe utile e adattivo come tutti gli istinti. L’istinto ha una tensione verso una meta: raggiunta la quale, la tensione cessa.

Un bambino che nasce pieno d’amore, attraverso le vicissitudini delle relazioni, o carenze di relazione, arriva a smettere di amare, e diventa anzi distruttivo. Dirigendo l’aggressività verso gli altri, ma anche verso se stesso, come avviene in diverse sindromi, e nelle malattie psicosomatiche.

La ferita, la frattura, il trauma di cui stiamo parlando, è un muro tra essere umano ed essere umano, una divisione, ed è comune nel senso che tutti lo abbiamo sperimentato in qualche misura, a causa del modo in cui si considerano e si allevano i bambini nel mondo occidentale o occidentalizzato.1 Le persone che hanno dei limiti nella propria capacità di relazionarsi, hanno una visione limitata del bambino, come pure, in generale, dell’essere umano.

Questa è la base della relazione umana.

Una delle cause dell’attuale disagio dell’individuo con se stesso, nelle relazioni di copia e famigliari, sta proprio nella mancanza di occasioni in cui è possibile partecipare concretamente a una comunità allargata. La base della relazione umana sta nella matrice intersoggettiva. Mentre nella cultura occidentale il senso di appartenenza psichica si ottiene soprattutto contatti intersoggettivi a due, nelle altre culture il concetto di Sé è meno individualistico. Il senso di appartenenza non deriva tanto da scambi intersoggettivi diadici, verbali e isolati, ma piuttosto da attività e rituali di gruppo, come danze, movimenti, canti celebrazioni, racconti: tutti eventi che fanno partecipare alla matrice intersoggettiva di gruppo e ci legano ad essa.

Una delle cause dell’attuale disagio dell’individuo con se stesso, nelle relazioni di coppia e famigliari, sta proprio nella mancanza di occasioni in cui possiamo partecipare concretamente a una comunità allargata.

1) Da “Un Essere Unico”, Pag.37