Poesia navajo

Siamo in tempi in cui si parla di morte …trapassi, decessi…
Per chi è stato toccato da vicino, è dolore, dolore tremendo. Non lo/la vedrò mai più
Si è sparsa la morte sul Pianeta, a nord, sud a est a ovest
Il Paese più ricco del mondo conta oggi, 21 aprile, 42 mila morti.
Abbiamo visto le fosse comuni, scatoloni bianchi tutti uguali su sabbia nera, canali scavati da scavatrici, operai con tute bianche. Per custodire persone povere che non avevano i soldi per pagarsi un pezzettino di cimitero
Il futuro è un mistero, mia ospite celeste, Pianeta Terra
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Cedendo l’ultimo pezzo della loro Terra ai Bianchi, un Gran Capo Indiano disse:
Quando non avrete più pesci nell’acqua, né selvaggina nelle praterie, solo allora capirete che i soldi non si possono mangiare!
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C’è una poesia Navajo che fa:
Non piangere sulla mia tomba:
non sono qui.
Non sto dormendo.
Io sono mille venti che soffiano
Sono il scintillio del diamante sulla neve.
Sono il sole che brilla sul grano maturo.
Sono la pioggia lieve dell’autunno.
Sono il rapido fruscìo degli uccelli che volano in cerchio.
Sono la tenera stella che brilla nella notte.
Non piangere sulla mia tomba: io non sono lì.
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Possiamo dedicarla agli amati perduti, e soprattutto ai più di cento e quasi operatori sanitari che sono usciti dai loro ospedali ormai come…
”mille venti che soffiano, e il rapido fruscìo degli uccelli che volano in cerchio… Non piangere sulla mia tomba: io non sono lì”

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